VITTIME DELLA 180
Le testimonianze che mostrano come la 180 sia inefficienza, crudeltà, sfruttamento, superstizione

Vittime della 180

Dimostrare che la legge 180 è dannosa e, spesso, omicida

Richiesta di aiuto

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  • #1091
    Francesca
    Partecipante

    Buongiorno,
    scrivo per chiedere aiuto e capire come gestire una situazione familiare molto pesante, dovuta a comportamenti di mia sorella che a mio parere necessita di aiuto psicologico e psichiatrico.
    Io e lei abbiamo un anno di differenza (io 39 lei 38 anni), lei purtroppo non ha terminato gli studi universitari che aveva intrapreso, non ha mai lavorato (nessuna occupazione sembra all’altezza delle sue aspettative), non ha mai avuto rapporti di amicizia o altro dai tempi del liceo e anche allora non erano rapporti significativi, quindi direi che da almeno 15 anni vive in uno stato di ritiro sociale insieme a nostra madre (78 enne). Io sono l’unica persona che frequenta, ma con un rapporto di amore e odio, entrambi profondi.
    Io e mia sorella abbiamo frequentato le stesse scuole e le stesse comitive, abbiamo condiviso le stesse esperienze, vivendo un’infanzia e una giovinezza nel complesso serene e con molti stimoli. Avendo condiviso tutto, siamo sempre state molto legate. Durante l’università le nostra strade si sono divise perché abbiamo scelto percorsi diversi e lei non ha poi portato a termine il suo percorso.
    Nostra madre sperava che si sarebbe laureata prima o poi, ma arrivata a 2/3 degli esami, essendo fuori corso ormai di molti anni, e dopo la mia uscita di casa, decise di lasciare gli studi.
    Quando sono andata a convivere soffrì moltissimo; visse veramente come un lutto la mia uscita di casa, sebbene non fossimo più bambine; e visse malissimo anche il mio successivo matrimonio, arrabbiandosi ogni volta che ne parlavamo, come se le stessi facendo un torto. Nel frattempo, purtroppo e improvvisamente, morì nostro padre e fu un grande dolore per tutti, perché era una persona veramente speciale, accogliente, accudente, totalmente dedito alla famiglia.
    Col tempo mia sorella accettò la situazione ma prese a rinfacciarmi con astio di averla abbandonata.
    Non so come, iniziò a mandarmi di tanto in tanto dei messaggi in cui minacciava di uccidersi, dando a me la colpa e la responsabilità del suo gesto. Non so come sono entrata in questo loop. Diverse volte, credendo alle sue parole, sono corsa disperata anche durante la notte a verificare che fosse tutto a posto, e per fortuna è sempre stato così. Le suggerivo di farsi aiutare ma non mi dava retta ed era irremovibile.
    Nel frattempo la mia vita andava avanti, ho lavorato moltissimo e con grande sacrificio mi sono affermata nella mia professione. Ogni settimana però ricevevo uno o più messaggi da mia sorella ricolmi di astio per non averla “aiutata”, sprofondando ogni volta in grande angoscia; ho provato a fare di tutto per aiutarla, ho cercato di starle vicino e l’ho convinta alla fine della necessità di farsi aiutare e l’ho accompagnata da una psicologa; purtroppo, dopo l’iniziale accettazione della psicologa, ha preso a screditarla e ha rapidamente abbandonato il percorso.
    In pratica mi sono resa conto che ogni cosa che mi dà gioia è per lei fonte di rabbia e frustrazione; il mio matrimonio (ne parla come di “quel giorno terribile”, nonostante le abbia dato il ruolo di testimone) le mie promozioni al lavoro, i miei viaggi, le mie cene con gli amici o persino ricevere una telefonata da un’amica mentre sono con lei producono sempre una crisi di rabbia da parte sua che dura da poche ore a qualche giorno. Ho imparato ad adattarmi a lei evitando accuratamente di dirle cose della mia vita che possano scatenare la sua rabbia, anche cose banali come i miei allenamenti in piscina.
    Prima che nascesse mia figlia, soffrivo per questa situazione ma tutto sommato con qualche stratagemma riuscivo a gestirla, cioè a non farle invadere la mia vita se non in una misura per me sopportabile.
    Quando però sono rimasta incinta, con grande gioia mia e di mio marito, mia sorella reagì con agghiacciante freddezza e dichiarò di non voler avere a che fare con la nipote, perché odiava i bambini. Ne rimasi sconvolta e addolorata ma abbozzai.
    Di fatto, dopo la nascita, fu invece molto vicina a me e alla bimba, rinfacciandolo sempre ma compiendo gesti di grande tenerezza e affezionandosi molto, contrariamente a quanto da lei dichiarato.
    Purtroppo, subito dopo la maternità obbligatoria sono dovuta rientrare al lavoro, affidando la bimba a mia madre che si era offerta di tenerla. Di fatto, mia madre, che non ha mai avuto un’indole accudente, ha lasciato che mia sorella le desse una mano, innescando motivi di risentimento da parte di mia sorella.
    Ho scelto quindi di mandare la bimba al nido full time il prima possibile; purtroppo però il mio lavoro e quello di mio marito prevedono spostamenti e orari incompatibili con gli orari del nido, e siamo stati costretti a prevedere che nostra figlia trascorra comunque del tempo a casa di mia madre per le ore (2 o 3 a seconda dei casi) in cui non siamo presenti e che non sono coperte dal nido.
    Mia sorella in questi tre anni si è affezionata moltissimo alla bimba che a sua volta stravede per lei e la considera una seconda mamma; tuttavia mi rinfaccia ogni minuto di permanenza della bimba a casa di nostra madre, dichiarando che lei non lavora a causa mia, perché “deve” occuparsi di mia figlia…Cosa assolutamente non vera ovviamente, anche perché:
    1.Mia sorella non ha mai lavorato in 37 anni, la bambina ne ha 3.
    2.Io lascio la bimba a mia madre, che è ancora molto attiva (guida, usa internet e fa regolarmente camminate di 4 ore al giorno) ed è in grado di tenerla.
    3.La bimba arriva a casa di mia madre alle 5 del pomeriggio, di fatto a giornata finita, e viene ritirata da me o mio marito tra le 19 e le 20.
    Aggiungo che durante il week end, quando mi occupo personalmente della bimba, se non coinvolgo mia sorella ottengo nuovi messaggi pieni di rabbia e astio.
    In definitiva qualunque cosa io faccia ricevo messaggi pieni di ingiurie terribili, irripetibili, da parte di mia sorella, messaggi in cui mi esterna tutto il suo odio, la sua rabbia, la sua frustrazione per “non avere una vita come tutti”, dichiarando che è colpa mia se non ce l’ha, senza arrivare a spiegarmi in cosa consisterebbe la mia colpa, e adesso usando spesso mia figlia come motivazione (cosa che mi addolora moltissimo e mi colpisce come una pugnalata); a suo dire, non solo le avrei impedito di vivere, ma ora avendo fatto una figlia, e lasciandola 2 ore al giorno a casa loro, ho definitivamente rovinato la sua esistenza facendola diventare una “baby sitter”.
    I messaggi non hanno una causa scatenante evidente; ho notato che può essere un mio attardarmi al lavoro, o una chiamata di meno, o una festa a cui sono invitata. A volte non c’è proprio motivo individuabile. Direi qualunque fonte di stress per lei, anche ad esempio un guasto alla lavatrice o una perdita idraulica.
    Raramente mi parla di persona del suo malessere; di persona è quasi sempre inspiegabilmente arrabbiata, ma non dà spiegazioni, come se dovessimo tutti sapere il motivo della sua rabbia. Non c’è modo di farla ragionare.
    A volte ho provato a parlarci razionalmente ma si entra in un terreno dominato dall’irrazionalità; dice di volere un lavoro, ma se le propongo un lavoro da segretaria, o un lavoro in un call center, mi risponde dicendomi di andarci io, di licenziarmi dal mio posto da manager e andare a lavorare al call center, come se non avesse coscienza del suo personale percorso che non le consente di punto in bianco di fare il lavoro dei suoi sogni, e che comunque non si sa quale sia.
    Una delle sue argomentazioni più frequenti è che non ha una casa sua, perché non ha un lavoro, e che non ha un lavoro perché non ha nessuno, e che non ha nessuno perché non ha una casa, in un loop irrazionale e infinito.
    Visto che il lavoro sembra il driver delle sue preoccupazioni, le ho procurato un colloquio, ma lei non si è presentata.
    Ho smesso di cercare il dialogo, e ho ridotto al minimo la nostra interazione in questo senso, cercando di evitare ogni argomento che so che la turba (il tema “lavoro”, le amicizie, i viaggi). Evito di rispondere ai suoi messaggi più aggressivi, se non rendendomi disponibile ad aiutarla.
    La coinvolgo nelle cose che so che le fanno piacere; in sostanza, a lei piace uscire con me e mia figlia.
    Quando usciamo noi tre, per una passeggiata, per un caffè, per un giro per negozi…ecco in quei momenti sembra un’altra persona. E’ dolcissima con la bambina, premurosa con me, solare e simpatica. Un’altra persona.
    Ma facilmente e inspiegabilmente, un’ora dopo averla riportata a casa…torna a rabbuiarsi completamente e mi arriva uno di quei terribili messaggi che sono autentiche pugnalate.
    La mia è una richiesta di aiuto perché vorrei capire come devo comportarmi con mia sorella per non essere più aggredita, per non ricevere più questi messaggi, o come devo agire su me stessa per non soffrire più nel riceverli.
    Io sono convinta che mia sorella avrebbe necessità di aiuto da parte di un medico, tuttavia lei si rifiuta di andarci, e purtroppo nostra madre (che l’ha sempre protetta troppo, fino al punto di nasconderle la verità sui suoi errori) è assolutamente contraria e non posso contare sul supporto di nessuno per convincerla.
    Mi sento impotente, e al contempo mi sento oggetto di un odio che non merito e che non so come fermare, una rabbia che non so come spegnere, e a volte, cosa non meno importante, ho paura per mia figlia, perché i suoi comportamenti sono imprevedibili per me e i suoi sentimenti mi sembrano instabili. Io devo tutelare in primis la mia bimba, corre dei rischi a stare in questo ambiente familiare anche se per poche ore al giorno? Mia sorella può considerarsi pericolosa con questa rabbia che cova continuamente? E come si può aiutare a superare questa rabbia e vivere più serenamente, se si oppone a farsi vedere da un medico? E c’è speranza che a 38 anni dopo 18 anni di comportamenti quanto meno anomali possa guarire e fare pace con se stessa e con il mondo, e possa smettere di usarmi come una specie di capro espiatorio?
    Sono veramente stanca, impaurita, e disperata.

    #1092

    Non avendo che poche righe …e tempo ….le rispondo con una provocazione da psicoanalista ….che non sono !!! ….non e’ che sia lei a odiare e invidiare la liberta’ di sua sorella che in fondo si e’ permessa di non fare “nulla “.
    Comunque la storia e ‘ un po’ strana …..

    #1093
    Francesca
    Partecipante

    Onestamente trovo spiazzante questa risposta, speravo in un indirizzamento verso una possibile soluzione, non è uno scherzo. Mia sorella non è una persona serena o felice del non fare nulla, è una persona di quasi 40 anni con 0 rapporti sociali da anni, che da quasi 15 non esce di casa, che non ha un lavoro nè fonte di reddito e dipende in tutto e per tutto da nostra madre di quasi 80 anni. Invidiabile?? La storia è strana. Su questo non c’è dubbio.

    #1094

    In effetti volevo spiazzarla…. mi dice che sua sorella non e’ felice …. ma e’ lei a lamentarsene, non sua sorella !! Francamente dal suo lungo racconto non sembrano comunque emergere franchi elementi psicopatologici (come diciamo noi). L’unica posssibilita’ e’ convolgerla in attivita’ di vario tipo … o come avete gia’ fatto indirizzarla ad uno psicoterapeuta ….. ma se non vuole lei !!! …c’e’ poco o nulla da fare. Comunque con la nipotina gioca e si diverte…. a quanto lei riferisce !!

    #1096
    Francesca
    Partecipante

    Probabilmente allora non sono stata chiara come avrei voluto.
    E’ una situazione complessa.
    Io ho scritto prima di tutto per chiedere un aiuto per me stessa perché il comportamento di mia sorella ha delle pesanti ripercussioni sulla mia vita; ogni settimana ricevo 2-3 messaggi sotto forma di e-mail, o sms, o whatsapp in cui mia sorella minaccia di uccidersi addossando a me tutte le responsabilità, scrivendomi che le ho rovinato definitivamente la vita, non aiutandola a uscire dalla prigione in cui vive e impedendole di costruirsi una vita sua. Non è chiaro in che modo io la condizioni. Aggiunge offese gravissime, scrivendomi che sono una “capitalista, egoista, menefreghista”, e spesso aggiungendo simili epiteti verso i miei amici, conoscenti, colleghi, persone che nemmeno conosce ma magari mi ha sentito nominare.
    Conclude scrivendo “addio, per te sono morta, ho sacrificato la mia vita per te è ora di finirla”.
    Poi capita che io passi a casa di mia madre, magari 2 ore dopo, e la trovo serena, come nulla fosse accaduto, o anche adirata, ma assolutamente non disponibile al confronto; di persona è difficile indurla a una discussione, se anche ci provo finisce con lei che si chiude dentro urlandomi le peggiori parole, o con lei che esce di casa, chiude il telefono, e si rende irreperibile per qualche ora, per poi tornare.
    Lei dichiara di essere drammaticamente infelice, bloccata, “prigioniera” in un “ospizio”. L’ospizio sarebbe l’appartamento di mia madre, che le assicuro è tutto tranne che un “ospizio”.
    Dal mio punto di vista lei è veramente bloccata, ma l’unico blocco è un suo blocco mentale perché nessuno la costringe a stare in casa, è sempre stata spronata a cercare un lavoro e costruirsi un futuro, ma negli anni nulla le è andato bene; attualmente se le propongo di fare un concorso mi risponde che lo stipendio non è adeguato, se le propongo di lavorare ad un call center mi risponde “perché non ci vai tu?”…Denigra chiunque io frequenti, amici, colleghi, sono tutti degli “stupidi”, “ignorantoni”, gente che a suo dire non è certo al suo livello che però, ahimè, ha il lavoro e la vita che vorrebbe fare lei, e allora esplode in critiche terribili.
    Io non sono un medico, nella vita faccio tutt’altro, ma a mio avviso ha proprio bisogno di parlare con qualcuno esterno alla nostra famiglia che la aiuti a fare ordine tra le sue idee; nostra madre purtroppo le è complice, la considera una sua proiezione e le ha da sempre accordato ogni genere di protezione, fino al punto che oggi, a quasi 80 anni, è lei a farle la spesa e a provvedere ad ogni sua necessità.
    Ciò che più mi addolora è l’eventuale impatto di questa situazione su mia figlia. Prima di essere mamma potevo subire i suoi sfoghi con maggiore serenità, ora che sono mamma sento di dover tutelare la mia bimba da queste tensioni, e a volte temo che mia sorella possa addirittura farle del male per rivalsa nei miei confronti, magari in preda alla rabbia per i torti che crede le abbia fatto.
    Io quindi chiedo innanzitutto aiuto per me, per capire come affrontare gli aspetti in cui sono coinvolta, e poi per mia sorella, perché credo che le serva un medico o almeno uno psicoterapeuta per imparare quanto meno a gestire la rabbia.

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