VITTIME DELLA 180
Le testimonianze che mostrano come la 180 sia inefficienza, crudeltà, sfruttamento, superstizione

Vittime della 180

Dimostrare che la legge 180 è dannosa e, spesso, omicida

In Calabria è anche peggio

di Agnesina Pozzi

Un vergognoso scaricabarile made in Calabria (Trebisacce) ai danni di una malata affetta da schizofrenia paranoide complicata da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), coinvolge tutta la catena  arrugginita di una sedicente “assistenza” che non funziona; e che lascia nella disperazione tanto i malati quanto i loro famigliari.  Appellarsi alla “giustizia”? Del tutto inutile se non controproducente, per non dire addirittura allucinante, dal momento che chi chiede assistenza, reclama i diritti del cittadino malato, denuncia precise responsabilità,  rischia di ritrovarsi per assurdo “colpevole” nel tribunale di Castrovillari (CS) ma senza sapere per  quale motivo; e col beneficio del dubbio di una calligrafia del tutto illeggibile su un atto di notifica che ha del kafkiano. In questo teatrino deprimente dello stato dei servizi  “nell’altra Italia”, in scena da quasi un anno, troviamo ogni sorta di maschera tragica: la protagonista è una  giovane malata con una malattia psichiatrica fin dall’adolescenza,  già invalida al 100% con accompagnamento, e che quindi non è in grado di provvedere a se stessa, né vuole accettare indagini relative alla sopraggiunta patologia neurologica che fa il suo esordio nell’estate 2009. Una malata ingravescente  che  dovrebbe naturalmente  essere sottoposta ad accertamenti coatti, non essendo in grado di decidere né di capire la gravità del quadro  degenerativo  che si sta delineando. Accanto alla malata, la seconda protagonista: una sorella che l’ha sempre avuta a cuore, l’ha sostenuta e accudita fino a che le è stato possibile, nonostante  gli impegni lavorativi e famigliari. Poi si è ammalata anche lei, ha subìto un intervento  poco prima che la sorella manifestasse i primi segni della SLA e che si paralizzasse, precipitando nella disperazione della reale incapacità fisica e psicologica della gestione di una malata tanto grave e tanto bisognosa di assistenza specialistica.

Tiziana Montilli, sorella della malata, crede nelle istituzioni, alle quali si rivolge  prima con fiducia con in mano una relazione clinica inoppugnabile  (fatta dalla Dr.ssa Maria Ernesta Leone, Neurologa che però vive e lavora al nord e suppone che al sud le cose funzionino allo stesso modo..) e poi  però sporge ben due denunce alla Procura della Repubblica. 

Ma ecco  apparire  sulla scena le altre maschere tragiche:  i pavidi che non vogliono, gli incompetenti che non  sanno come, i nullafacenti che evitano di assumersi le loro responsabilità  e la malata che peggiora di giorno in giorno, picchiata perfino dalla badante alla quale aveva chiesto aiuto la notte. Pensate sia finita qui? Nient’affatto:

c’è il DEUS EX MACHINA che dovrebbe essere il  Centro di Salute Mentale di Trebisacce che fa orecchie da mercante e fa finta di non capire, o forse non capisce, che la patologia psichiatrica è complicata da patologia neurologica e che il paziente va ricoverato con urgenza e d’ufficio, passando attraverso l’UMEA (una Commissione ad hoc); forse neppure sa che esiste l’UMEA; non supporta i famigliari ed anzi li colpevolizza e li manda in pellegrinaggio nel giro delle sette chiese, a vuoto,  mentre alla malata si rattrappiscono gli  arti.

C’è  l’Unità Operativa di Neurologia, a Cosenza (dove finalmente la malata approda per le indagini), che non fa le dimissioni protette e quindi nessuno prende in carico  la malata.

C’è la giudicessa che invece di preoccuparsi dell’assistenza che i famigliari chiedono a gran voce, dice al personale infermieristico e alla malata “che i parenti la vogliono sbolognare” e, sconfinando in competenze che non le appartengono (perché sono mediche), suggerisce di “rispedirla” a casa, non sapendo forse minimamente cosa significhi essere malato di SLA e non avere a casa TUTTO ciò che serve e tutte le professionalità dedicate, che NON POSSONO essere certo i famigliari, impotenti  disperati anche loro. 

Al momento la malata si trova in una struttura di lungodegenti  a Montalto Uffugo (CS) ma non è certo un luogo adatto alla sua patologia né ciò potrà tacitare le giuste istanze che la sorella della malata è decisa a portare avanti ad ogni costo per consentirle di tornare a casa sua, tra i suoi affetti ma con tutti i diritti che le appartengono e che le sono  ancora negati. Tiziana Montilli ha cominciato a divulgare queste notizie alla stampa, alla radio e in internet e non ha alcuna intenzione di fermarsi, come potrete vedere dai documenti a corredo. Tra tanti  inutili e patetici pupazzi umani, può darsi che la problematica  arrivi al pupazzo per eccellenza (il Gabibbo) e forse  sarà molto più efficiente nel risolverla. Così ci auguriamo,  stringendoci intorno  a queste persone che reclamano solo l’applicazione della Costituzione ed il rispetto delle leggi che dovrebbero valere su tutto il territorio nazionale.

Nel caso di Marilisa Montilli  sono stati commessi errori su errori e perpetrate inadempienze e ritardi. In pochi mesi la malata si è allettata e i medici che l’hanno visitata non hanno fatto assolutamente NULLA per approfondire la diagnosi e con la scusa della patologia psichiatrica l’hanno trascurata. Hanno creato disagi materiali e psichici alla famiglia, che si è trovata a gestire un’enormità senza un minimo di supporto dalle istituzioni; con referto della Neurologa Dr.ssa Maria Ernesta Leone finalmente si è riusciti a ricoverare Marilisa Montilli, già schizofrenica paranoide, con un enorme ritardo e senza una gestione mirata del caso di SLA alle dimissioni; è stata dimessa senza le prescrizioni necessarie (letto articolato, materasso antidecubito, assistenza infermieristica domiciliare ecc); solo dopo ripetuti interventi della sorella Tiziana si è riusciti a trovare una struttura che però non è del tutto adatta al caso.  Ci sono certo gli estremi per rivalersi in sede penale e civile ma soprattutto ci sono diritti che tutelano la vita e la dignità della persona specialmente se affetta da gravi patologie invalidanti come questa e le tutele vanno estese anche ai famigliari che sono impotenti e impreparati. Non dimentichiamo che i SERVIZI in Italia  si chiamano così proprio perchè dovrebbero SERVIRE i Cittadini.