VITTIME DELLA 180
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Dimostrare che la legge 180 è dannosa e, spesso, omicida

Consiglio su come gestire una persona disabile aggressiva

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  • Questo topic ha 1 risposta, 2 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 12 mesi fa da ldalbuono.
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  • #4694
    AriannaL
    Partecipante

    Buonasera,
    sono una ragazza di 27 anni e purtroppo mi trovo (con la mia famiglia) a dover affrontare un problema complicato. È alquanto lungo da scrivere e chiedo scusa per questo, ma ritengo opportuno illustrare il tutto, al meglio. Premetto che abito con i miei genitori in una città del Lazio.
    Tutto ruota intorno alla figura di mio zio materno ( di 57 anni), disabile, a quanto ho capito, al 100% (la sua famiglia di origine non ci ha mai dato informazioni chiari sul tipo e gravità della sua disabilità e solo oggi, finalmente, mia madre ci ha detto che è affetto da autismo e schizofrenia). Da quando il mese scorso è venuta a mancare mia nonna, con la quale lui viveva, mia madre gli fa trascorre le giornate in casa nostra per poi andare entrambi a dormire nella casa di mia nonna nel loro paese natale, a qualche chilometro dal nostro.

    Attorno alla disabilità dello zio c’è sempre stato un enorme alone di mistero e taboo. Fino a oggi, infatti, a me e mia sorella non è mai stato detto quale sia la sua disabilità (e, onestamente, da ricerche che ho fatto online – e quindi mi tengo il beneficio del dubbio – dubito che si tratti di autismo e schizofrenia).
    Da quanto mi è stato riferito questa persona è disabile da quando aveva circa tre anni e ho recentemente scoperto che prima che iniziasse ad assumere delle medicine (il cui preciso scopo mi è ignoto ma immagino siano dei tranquillanti) è sempre stato aggressivo e violento. Tale atteggiamento è sempre stato minimizzato e/o giustificato da mia nonna e mia madre. Purtroppo, oltre alla disabilità, devo aggiungere che non è mai stato seguito, fin dall’infanzia, dalla sua famiglia di origine per quanto riguarda l’educazione e le buone maniere. Perciò, adesso che siamo in contatto stretto, è la mia famiglia a dover osservare e vivere i comportamenti legati non solo alla sua disabilità ma anche alla sua mancanza di educazione. Faccio degli esempi che possono sembrare banali ma che iniziano a creare dei disagi: quando fa qualcosa che non deve, su consiglio di mia madre gli spieghiamo se ha sbagliato e il modo corretto in cui quella cosa deve essere fatta. Alcuni episodi quotidiani : nasconde tovaglioli e fazzoletti usati sotto divano e poltrone o dentro vasi, etc.; si pulisce le mani sporche dopo averle messe nel naso e aver usato il bagno sul copridivano, vestiti puliti, asciugamani altrui; lancia le caccole ovunque; a pranzo e cena osserva costantemente cosa stanno mangiando gli altri e se prendono qualcos’altro (tengo a precisare che mangia esattamente quello che mangiano noi, nella stessa qualità e quantità e, a volte, in quantità anche maggiori); ha la tendenza ad avvicinare le mani al viso e alle spalle delle altre persone (lo fa specialmente con mia madre e alcune volte l’ha fatto anche con me) come se volesse afferrarle; tende a parlare sopra gli altri soprattutto quando questi parlano con sua sorella e ne catturano l’attenzione.
    Riporto anche degli episodi che si sono manifestati finora solo una volta: per nervosismo (così è stato giustificato da mia madre anche se nessuno l’aveva provocato né stavamo discutendo con lui) ha lanciato un pacchetto di fazzoletti in mezzo alla stanza; ha lasciato la porta del bagno aperta mentre faceva i suo bisogni e alla mia richiesta di chiuderla ha borbottato scocciato e ha accennato a venire verso di me (intimorita, mi sono chiusa a chiave in camera).
    Ci sono stati anche episodi verbali, rivolti verso persone della mia famiglia, che non sono giustificati da atteggiamenti o frasi minacciose o polemiche nei suoi confronti. Ad esempio, ha minacciato mia madre di dargli un pugno perché lei gli stava spiegando pacatamente di non mettersi le dita nel naso, oppure ha minacciato di picchiare mio padre giustificandosi di volersi difendere (per questo ultimo voglio specificare che nessuno ha mai avuto un atteggiamento aggressivo né fisico né verbale nei suoi confronti).
    Prima che sua madre venisse a mancare, l’unica azione che la sua famiglia d’origine ha deciso di intraprendere, circa dieci/quindici anni fa, per alleviargli il peso della disabilità è stato quello di  iscriverlo ad attività mattutine organizzate dall’ ANFAS locale. Attualmente le frequenta due volte a settimana, anche se c’è la possibilità di frequentare dal lunedì e venerdì, ma gli è sempre stato concesso di scegliere se andare e quante volte andare (spesso per capriccio decide di non andare). Ci è stato inoltre riferito dagli operatori dell’ANFAS che in realtà si rifiuta di partecipare alle attività che organizzano.
    Comprendo che gli episodi che ho riportato possono essere giustificati dalla sua disabilità. Tuttavia, da circa un mese, ci troviamo ad affrontare due aspetti di questa vicenda: il primo è il fatto che, unilateralmente, mia madre ha deciso di farlo entrare nella nostra vita e quotidianità senza discuterne preventivamente, aspettandosi da parte nostra una totale accettazione. Il secondo aspetto è il mix di disabilità e mancata educazione che creano episodi come quelli riportati e che provocano forte disagio nelle persone che gli stanno accanto. Nessuno di noi ha avuto modo di relazionarsi “normalmente” con questa persona, in passato, poiché ogni volta che si andavano a trovare i nonni, questa persona preferiva rimanere chiusa nella propria stanza e, inoltre, a ogni piccolo tentativo di dialogo non complesso rispondeva e risponde, nella stragrande maggioranza dei casi, in malo modo. Da parte di mia madre non c’è nessuna intenzione di confrontarsi con uno specialista per capire come lo zio, adesso che è venuta a mancare la persona con cui viveva e che si occupava di lui, debba vivere e come le persone che vengono messe a contatto con lui debbano relazionarsi, anche e soprattutto durante episodi come quelli descritti.
    Ogni tentativo di dialogo da parte nostra (mio padre, mia sorella e mia) con mia madre è inutile, dal momento che minimizza ogni comportamento maleducato, insulto o minaccia del fratello (si limita a dire che in sua presenza lui non dice niente di tutto ciò), si pone subito in una posizione difensiva, non sembra avere delle idee su come gestire la situazione anche nel lungo periodo, e quando proviamo a chiedere di affrontare la questione chiude il discorso accusandoci di avere come unica soluzione quella di inserirlo in una casa famiglia o affidarlo alle cure di uno specialista (in realtà, sono ipotesi che abbiamo ipotizzato ma, non essendoci appunto la volontà di affrontare la questione, non sono mai state affrontate seriamente). L’unica soluzione da lei proposta è quella di trasferirci tutti nella casa di mia nonna così che lo zio sia nell’ambiente che gli è famigliare, senza che ciò venga interrotto durante il giorno quando è in casa nostra.

    In questo post ho cercato di spiegare che questa è una situazione per noi del tutto nuova, nel senso che siamo sempre stati a conoscenza della sua disabilità, maleducazione e incapacità di stare a contatto con altre persone ma che, a seguito di un evento inaspettato come la dipartita di mia nonna, che si è sempre occupata di lui dal momento che vivevano insieme e che è stata responsabile della sua “educazione”, si sta imponendo sulla nostra quotidianità per scelta unilaterale di mia madre. La totale mancanza di interesse e volontà da parte di mia madre a dialogare per trovare un modo condiviso con tutta la famiglia (me, mio padre e mia sorella maggiore) per gestire una persona che si trova suo malgrado in una tale condizione ci ha fatto capire che, per lei, l’unico modo è quello di non stravolgere la quotidianità del fratello e di assecondarlo, riprendendolo “bonariamente” ogniqualvolta ha degli atteggiamenti sbagliati.

    Come può essere facile intuire, per noi è impensabile e, onestamente, poco equo pretendere di stravolgere le nostre vite anche perché ciò non migliorerebbe le condizioni dello zio che continuerebbe a vivere nell’inerzia e, non essendoci più margine per correggerla, nella maleducazione.
    Non chiedo né pretendo una soluzione da parte di chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui, ma vorrei chiedere dei pareri su come comportarci:

    1) se è consigliabile rivolgersi a un esperto per capire come relazionarci e “reagire” davanti a certi comportamenti;

    2) se è consigliabile chiedere a un esperto parere su come gestire, anche in un’ottica futura, questa persona (se ci sono le condizioni per cui possa stare a contatto con altre persone o se sia consigliabile farlo seguire da chi di competenza);

    3) come poter affrontare il discorso con mia madre, del tutto ermetica a qualsiasi dialogo e che pretende che stravolgiamo le nostre vite e che accettiamo di buon grado i suoi comportamenti (verbali e fisici), rifiutandosi di affidarlo alle cure (qualora fosse davvero necessario) di persone che possano sapere come gestire i suoi atteggiamenti e, forse, proporgli delle attività “educative”.

    Vi ringrazio.

    #4695
    ldalbuono
    Amministratore del forum

    Cara Arianna,

    non è facile rispondere  ai Tuoi quesiti: non si sa di che cosa è ammalato Tuo zio ed il problema, più che  Tuo zio, è  Tua madre.   E’ Tua madre che Vi obbliga a sopportare quella situazione e, in definitiva, siete Voi che non Vi imponete a Tua madre.   Comunque provo a fare un pò di chiarezza. Intanto, se Tuo zio è schizofrenico o psicotico, l’ educazione non c’entra niente. In tutte le malattie in cui il cervello entra in sofferenza (pensa alla demenza senile) la prima cosa che si perde è l’igiene personale ed il rispetto per gli altri.    Ma supponiamo che, in qualche modo, Voi riusciate e superare l’insormontabile ostacolo della volontà di Tua madre. Cosa potreste fare ?   Beh,  chiedere che lo zio venga preso in carico dalla struttura pubblica e  che venga, eventualmente, messo in qualche comunità e non a casa Vostra.   Ma, per prima cosa, è fondamentale sapere esattamente cosa ha.    Tenete presente che, come le cronache dei giornali riportano quasi ogni giorno, uno schizofrenico può essere pericoloso a sè ed agli altri. Specialmente se viene tirato via dalla vecchia situazione in cui, bene o male, aveva trovato un equilibrio. Comunque nel caso Tuo e di Tua sorella la soluzione più semplice eè che andiate voi fuori casa.   Siete grandi e, spero, autonome.  Tuo padre deciderà poi cosa fare: se riesce a sopportare l’egoismo della moglie – che sacrifica la propria famiglia a favore del fratello – rimarrà. Altrimenti anche lui si troverà una soluzione diversa.    Provate a rivolgerVi pure a qualche psichiatra, ma tenete presente che è un tecnico che sa molto della malattia.  Ma difficilmente potrà  darVi una soluzione ai problemi della  Vostra vita.   Comunque Ti auguro che tutto possa andare per il meglio e che possiate trovare una soluzione soddisfacente.   Ciao mia cara. Lucio

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